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Viaggio in Sardegna Dai pionieri a Vittorio Alinari
L’isola arcaica e selvaggia del Mediterraneo. Meta di -pochi- fotografi pionieri e avventurosi, amata dai Savoia e sogno esotico del rampollo di casa Alinari
Edouard Delessert
Nel 1854 il francese Edouard Delessert, scrittore, viaggiatore e fotografo dilettante, sbarca a Porto Torres dal battello a ruote "Il Piemonte" della compagnia Rubattino. E’ il primo a ritrarre l’isola con la macchina fotografica: 41 calotipie di grande formato dall’atmosfera pallida, evanescente, quasi metafisica, illustrano il diario di viaggio Six semaines dans l’ile de Sardaine.
Vincenzo Howells
Meta avventurosa, arcaica e ignorata dal Grand Tour, l’isola è snobbata dai fotografi, che facevano profitti migliori con le immagini-souvenir delle città d’arte. Oltre che dalla malaria, dai pastori e dai soldati, è attraversata da sporadici intellettuali, scienziati, studiosi, soprattutto stranieri: Honoré de Balzac, Paul Valéry, Adolphe Peuchet, Peter Paul Mackey, e il glottologo Max Leopold Wagner, padre della linguistica sarda. Ma anche da ingegneri, tecnici e operai addetti alla costruzione di strade, ponti e ferrovie.
Vittorio Besso
Francesco Cocco-Ortu, sindaco di Cagliari e poi Ministro, con le leggi Speciali per la Sardegna, ottiene finanziamenti per la viabilità e interventi di idraulica e portuali. A fine secolo la documentazione iconografica delle opere di ingegneria affianca quella folkloristica e di paesaggio, fondendo modernità e tradizione, economia industriale e pastorale. Nel 1886 Quintino Sella incarica il biellese Vittorio Besso a documentare il progresso e l’orgoglio tecnologico: la costruzione della linea ferroviaria, i viadotti e le gallerie.
Il 12 aprile 1899 il sovrano Umberto I approda al porto di Cagliari con lo yacht "Savoia". Per nove giorni visita l’isola, insieme alla consorte, la regina Margherita. Poco dopo la partenza dei reali comincia l’assedio: vengono inviati esercito e carabinieri contro banditi, briganti e socialisti. Il 3 e 4 settembre i soldati sparano sui minatori in sciopero: 3 morti e 11 feriti. Nel cagliaritano, le rivolte del 1906 sono represse con l’invio di migliaia di militari.
La Sardegna rimane tra le mete preferite di casa Savoia, e Vittorio Emanuele III, che è un appassionato di fotografia, posa l’obiettivo sulle sue coste ruvide. Col nuovo secolo esplode l’orgoglio sardo: Sebastiano Satta pubblica i Canti Barbaricini, Pietro Casu La Notte Sarda. Francesco Ciusa partecipa alla Biennale con La Madre dell’ucciso, come ricorda Vittorio Alinari “ho conosciuto a Cagliari lo scultore Ciusa” che, scrive, inviò “a Venezia nel 1907, un’altra statua”. Grazia Deledda pubblica Canne al Vento nel 1913, lo stesso anno del primo viaggio di Vittorio Alinari.
Primo viaggio di Vittorio Alinari
Il 26 maggio 1913 Vittorio Alinari, il figlio Giorgio e l’amico pittore Guido Spadolini gettano l’ancora alla Maddalena. Un approdo movimentato “poiché un semaforo, presso il quale passavamo sull'imbrunire, sparò contro noi due colpi di cannone, fortunatamente a polvere e ce ne avrebbe inviato un altro a palla, se il capitano accortosi finalmente della dimenticanza, non avesse sollecitamente risposto ai segnali e fermato lo Yacht. (…) Il solo libro per le segnalazioni che esistesse a bordo era scritto in francese e nessuno dell'equipaggio, compreso il Capitano, conosceva quella lingua.”
“La costa dell'estuario della Maddalena, tutta frastagliata, è oltremodo pittoresca” prosegue Vittorio “Lo scopo era di prenderne fotografie che potessero servire a studi geologici. Il Ministero della Guerra e quello della Marina volevano profittare di quest'occasione per fare eseguire dei rilievi interessanti la difesa nazionale”. Non che la Sardegna fosse sprovvista di studi fotografici, ma evidentemente al Ministero avevano preferito la professionalità degli Alinari per questo incarico.
Vittorio dirige con successo l’impresa fiorentina. E’ un borghese di buona famiglia e di solida cultura ma anche un impresario, sperimentatore, con un forte senso pratico e ironico. E’ attratto da questa isola remota, lenta, in cui sopravvive un ricco repertorio di costumi, usanze e tradizioni. Dove anche la povertà è pittoresca. Fa tappa a Caprera. “Visitando la tomba dell'Eroe nazionale, ebbi notizia che Donna Francesca Garibaldi avrebbe desiderato essere fotografata sulla tomba del Duce.”
A Portotorres trova un ponte romano “sul quale passa la strada littoranea di Saline e del Capo. (…) potei eseguire il gruppo di alcuni proprietari di Tanche ( i terreni recintati da muretti a secco, dove pascolano le greggi, ndr.) nei loro pittoreschi costumi”. Vittorio fotografa gli umili e i signori, i borghi e i nuraghe, i volti, i costumi, le coste e i porti. Il suo stile porta il marchio aziendale: la messa in posa dei personaggi e la prospettiva impeccabile delle strade, delle piazze e degli edifici.
“Il Keis, o capo della ciurma, da l'ordine, e tutti si precipitano con i lunghi raffi contro i pesci che si dibattono facendo spumeggiare le acque in breve arrossate dal loro sangue. I pescatori s'incitano a vicenda con alti gridi e larghi gesti; sembra di essere discesi, con Dante, nella bolgia infernale:
“poi l'addentar con più di cento raffi »
Le povere bestie, uncinate da due, tre, quattro raffi, vengono a fatica tratte a bordo, e han le viscere dilaniate come i peccatori della quinta bolgia”.
“due colonne che sembrano avanzi di un colossale tempio romano, sprofondato nel mare. Su una di esse dicono nidifichi l'aquila, ma non riesco a distinguere il preteso nido del re dei volatili.” Vittorio navigherà lungo le coste fino al 12 giugno 1913, e ritornerà in Sardegna l’anno successivo, ispirato dal famoso L’Itinéraire de l'île de Sardaigne e dai tre monumentali volumi del Voyage en Sardaigne (1826-1857) di Alberto Ferrero della Marmora. Raccoglierà a sua volta le immagini e i ricordi nel volume In Sardegna. Note di Viaggio edito nel 1915.
A Cagliari, ultima tappa “un capitano ed altri ufficiali salgono a bordo e c'intimano di consegnare, d'ordine superiore, tutte le lastre fotografiche impressionate durante il viaggio.” Era già successo “Sembra che in particolar modo interessassero la difesa del paese, e amore di patria me ne impose la distruzione”. Perciò molte fotografie non esistono più.
Secondo viaggio di Vittorio Alinari
Il 5 aprile 1914 Vittorio ritorna in Sardegna, con Piero, il figlio piccolo “Questa volta mi sono prosaicamente servito dei mezzi posti a disposizione di tutti i mortali” Va in treno a Civitavecchia e lì si imbarca sul Cagliari, piroscafo a vapore delle Ferrovie, fino al golfo degli Aranci. Pare che tutti i passeggeri siano afflitti da mal di mare e forti nausee “A me davvero il mare non ha mai fatto male, ma a forza di vedere da tutti i lati fontane non precisamente versanti acqua di Colonia, sento anch'io una certa uggiolina allo stomaco”. Fotografa Sassari, la fontana coi “portatori d'acqua maschi e femmine”.
Tra le tappe, la necropoli romana “La grotta che ho fotografata, era formata da due ambienti, il primo serviva da cucina e da sala da pranzo; nel secondo, diviso da una tenda, doveva trovarsi il letto, che non mi fu possibile vedere opponendovisi, con un ultimo senso di pudore, l'abitatrice della lurida tana.” Vittorio percorre la Sardegna a gran velocità, in automobile stavolta. Per questa ripresa utilizza la luce artificiale. E’ un borghese moderno, all’avanguardia. Il secondo viaggio durerà fino al 22 aprile. Tre mesi dopo scoppierà il primo conflitto mondiale.
Gli Alinari ritraggono il folklore, i costumi popolari, le tradizioni locali. Costruiscono quelle scene di genere che, insieme alle vedute architettoniche, ne hanno reso celebre lo stile. “Ho la fortuna di poter riprodurre alcuni costumi del villaggio; il barbiere in una delle più caratteristiche strade del paese, un carro per il trasporto del grano e, nell'orto di una casa, due donne mentre stanno sfornando il pane, al quale han dato la forma di un cardo sfiorito.”
E continua “Non è questa la sola località nella quale ho visto dar forme originali al pane; ne ho osservate delle curiosissime a Sassari e a Oristano. Inoltrandosi nell'interno dell'isola, per la nostra ultima escursione, avremo anche occasione di vedere ed assaggiare il pane chiamato carta da musica, una specialità del paese, utilissimo in montagna, perché si conserva fresco e croccante”. Una bellissima immagine con cui un popolo è descritto e identificato attraverso la quotidianità del lavoro.
Una località pittoresca “al limite estremo della regione (…) sarà convertita in bacino montano, col quale potrà essere irrigata una grande parte della Sardegna, restituendola alla sua prima fertilità. Quando le acque del Mannu saranno racchiuse in questo bacino, lo scoglio di S. Sebastiano diventerà un isolotto” E infatti: le opere di ingegneria idraulica trasformeranno enormemente il paesaggio. Oggi questo sperone roccioso è un isolotto che emerge dal lago di San Sebastiano, formato dalla diga di is Barrocus.
Il racconto di viaggio, dettagliato nella descrizione dei luoghi e dei monumenti, è intervallato da aneddoti spassosi. “In piazza Roma, dove si tiene anche il mercato, è un vasto edificio che mi dicono essere stato costruito apposta per uso di albergo. Dio buono, se fosse vero, dove è che ha studiato quell'architetto? (…) E il servizio vi è in relazione. Alla mattina chiedo un altro asciugamano e me ne vedo portar uno che all'apparenza lascia alquanto a desiderare. Domando se non vi è niente di più pulito e mi viene risposto che di quello si era servito soltanto il nostro chauffeur! (…)”
Per Punta Timone, sull’Isola di Tavolara, Vittorio ha scelto una emulsione sensibile alla luminosità del cielo e uno stile spiccatamente pittorialista, in voga tra i fotografi europei. L’immagine si stacca dalla realtà, dalla documentazione, per farsi poetica e mitologica. “Eppure come è suggestiva questa Sardegna, con i suoi severi paesaggi, con i monumenti enigmatici, quanto e più della sfinge egiziana, giacché questa ha ormai rivelato il suo segreto e quelli, benché aperti ad ogni investigazione, non lo riveleranno mai completamente”.